17/2022
Decisione n° 17 Procedimento n° 59-77-111 / 2019

Decisione 17/2022

E’ suscettibile di valutazione disciplinare il comportamento dell’Avvocato che esegua, in proprio a mezzo del servizio postale, notificazione di atto di citazione presso l’ufficio del destinatario o dove il medesimo esercita l’industria o il commercio, così esponendo alla conoscenza di terzi il relativo contenuto personale dell’atto con discredito all’immagine del destinatario.

E’ irrilevante il fatto che la notificazione eseguita presso l’ufficio del destinatario o dove il medesimo esercita l’industria o il commercio possa comportare la conoscenza da parte di terzi del contenuto dell’atto notificato, posto che gli artt. 139 e 149 c.p.c., in merito alla notificazione a mezzo posta, prescrivono che la stessa si esegua nel luogo di residenza del destinatario ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio: la norma – come ripetutamente rilevato dalla Suprema Corte (cfr. ordinanza n. 9793 pubblicata il 9.4.19 Sez. III civ. che richiama, confermandola, precedente giurisprudenza) – “non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi quindi scegliere se eseguirla presso la casa di abitazione o la sede dell’impresa o l’ufficio, purché si tratti di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza”. Nel caso di specie la conoscenza del contenuto dell’atto notificato da parte di terzi è dipesa non dalla legittima condotta dell’avvocato, ma da scelte organizzative dell’esponente.

E’ suscettibile di valutazione disciplinare il comportamento dell’Avvocato che invii una comunicazione, relativa a un pendente procedimento civile, a un destinatario all’indirizzo pec dell’ufficio di quest’ultimo, per altro adottando precauzioni idonee ad evitare che il messaggio potesse esser letto da altri (Il messaggio infatti veniva allegato a PEC nella quale si chiedeva la consegna personale e assolutamente riservata al destinatario). Nel caso di specie la conoscenza del contenuto dell’atto notificato da parte di terzi è dipesa non dalla condotta dell’avvocato, ma da scelte organizzative dell’esponente.

E’ suscettibile di valutazione disciplinare il comportamento dell’Avvocato che prospetti all’esponente il deposito nei suoi confronti di denuncia querela per il delitto di diffamazione in caso di mancato invio di una lettera di scuse da trasmettere all’Ordine forense di appartenenza dell’avvocato, a titolo di ristoro del pregiudizio che quest’ultimo riteneva aver subito al proprio onore e prestigio personale e professionale per il contenuto dell’esposto disciplinare depositato nei suoi confronti. L’art. 65 del Codice Deontologico Forense prevede che l’avvocato possa intimare alla controparte determinati adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce, querele o altre iniziative, ma non minacciare azioni sproporzionate o vessatorie, comportamenti che nel caso di specie, anche alla luce delle risultanze dibattimentali, non sono risultate sussistenti.

E’ suscettibile di valutazione disciplinare il comportamento dell’Avvocato per quel che attiene a dichiarazioni dallo stesso rilasciate alla stampa, e ciò in riferimento alle previsioni dell’art. 18 del Codice Deontologico Forense (Nei rapporti con gli organi di informazione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza). Nel caso di specie le dichiarazioni dell’incolpato, anche nella loro complessiva lettura, non risultano aver trasceso la legittima e fisiologica critica politica cui qualsiasi amministratore o politico è soggetto, né le stesse sono suscettibili di valutazione rispetto alla previsione dell’art. 52 del Codice Deontologico Forense (L’avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi), atteso che tale norma è espressamente riferita alle espressioni usate dall’avvocato negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale.

È principio consolidato nella giurisprudenza del CNF che le mere dichiarazioni dell’esponente non siano sufficienti a ritenere fondato l’addebito (cfr. sentenza del 2.10.2019 n. 88. “Le sole dichiarazioni dell’esponente non bastano a ritenere provato l’addebito.  L’attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente o di altro soggetto portatore, ma altresì dalla analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti, che rappresentano certamente il criterio logico-giuridico inequivocabilmente a favore della completezza e definitività dell’istruttoria”).

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